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Salvo il 110 per tutto il 2023 per gli interventi trainati condominiali e sulle singole unità

Via libera al 110% per tutto il 2023 anche per gli interventi “trainati” condominiali e sulle singole unità del condominio, se effettuati insieme agli interventi “trainanti” che rispettano le regole transitorie di fine 2022 su CILAS e delibera assembleare.

Chiarite, inoltre, la portata delle nuove stringenti condizioni di accesso al Superbonus al 90% per gli interventi sulle unifamiliari avviati nel 2023 e la possibilità per i condomini a prevalente proprietà IACP di accedere alla generale disciplina prevista per i condomini, se al 30 giugno 2023, non è stato realizzato il 60% dell’intervento.

La Circolare interviene, inoltre, a dirimere alcuni contrasti interpretavi legati alla validità dei titoli edilizi diversi dalla CILA e soprattutto a definire il contenuto delle varianti al titolo originario che possono continuare a beneficiare delle condizioni fiscali previste per l’intervento già assentito e ciò indipendentemente dalla data della loro presentazione.

Questi ed altri chiarimenti sono contenuti nella Circolare 13/E del 13 giugno 2023, con cui l’Agenzia delle Entrate ha fornito numerose precisazioni sulla disciplina del Superbonus, a seguito delle modifiche introdotte dai più recenti provvedimenti amministrativi.

Infatti, con il DL 176/2022 (“Aiuti quater”), convertito dalla legge 6/2023, la legge 197/2022 (“Bilancio 2023”), nonché, più di recente, con il DL 11/2023, convertito dalla legge 38/2023, il Superbonus è stato, di fatto, modificato in alcuni dei suoi aspetti più rilevanti: aliquote, termini di vigenza, condizioni di accesso.

Con la CM 13/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ripercorre i citati interventi normativi fornendo diversi chiarimenti, sintetizzati nel relativo Dossier Ance di commento.

 

(Fonte: ance.it)

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Varianti in corso d’opera: per i lavori aggiuntivi restano sconto e cessione

Rispetto al termine del 16 febbraio non ha rilevanza neppure la delibera che approva i lavori 

Varianti in corso d’opera senza effetti su cessione dei crediti e sconti in fattura. Nel pacchetto di riformulazioni messo a punto ieri in commissione Finanze alla Camera entra anche una norma con la quale si potrà evitare che, all’interno di un cantiere, nascano regimi differenziati in caso di variazioni in corso d’opera avvenute dopo la data fatidica del 16 febbraio, anche attraverso una delibera condominiale. Un’eventualità molto frequente nella pratica, che rischiava di creare parecchie difficoltà a imprese e committenti.

La questione, alla quale l’Ance ha dedicato in queste settimane diverse sollecitazioni al Parlamento (a partire dalla sua audizione sulla legge di conversione), riguarda, ad esempio, quei lavori di superbonus comunicati al Comune dopo il fatidico termine del 16 febbraio, ma comunque agganciati a pratiche trasmesse prima della data chiave per le cessioni, sullo stesso edificio. In base alla legge, infatti, a una Cilas comunicata prima del 16 febbraio è possibile agganciarne un’altra per variare il suo contenuto e aggiungere o modificare dei lavori di ristrutturazione.

Si tratta, usando la definizione del modello, di una variante che «costituisce integrazione» alla prima comunicazione. Se questa aggiunta arriva dopo il 16 febbraio, il decreto 11/2023 sembrava escludere l’accesso alle vecchie regole su cessione e sconto per tutti gli interventi extra. In pratica, quindi, una parte del cantiere avrebbe avuto accesso alla liquidazione immediata dei crediti, mentre una parte ne sarebbe rimasta totalmente esclusa. Complicando di parecchio la vita di committenti e imprese.

Ora il Parlamento risolve questi casi dubbi con una correzione, inserita in un emendamento. E spiega che «la presentazione di un progetto in variante alla Cila o al diverso titolo abilitativo richiesto in ragione della tipologia di interventi edilizi da eseguire» non ha rilevanza «ai fini del rispetto dei termini previsti». Significa che, per misurare gli effetti della scadenza del 16 febbraio, si guarda alla prima Cilas e non a quelle successive, comunicate per variare il cantiere.

A cascata, questa previsione si riflette anche sulle delibere condominiali collegate ai lavori. «Con riguardo agli interventi su parti comuni di proprietà condominiale – dice ancora l’emendamento –, agli stessi fini, non rileva l’eventuale nuova delibera assembleare di approvazione di detta variante». Quindi, se i lavori aggiuntivi a quelli deliberati all’inizio passano da una nuova pronuncia dell’assemblea condominiale, anche questo non ha effetti sulla decorrenza dei termini e sull’utilizzabilità di cessione dei crediti e sconti in fattura.

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

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Superbonus villette, la proroga a giugno fa ripartire i lavori

Con lo spostamento di tre mesi per completare gli interventi possono essere ultimate anche le opere in sospeso

Proroga di tre mesi, dal 31 marzo al 30 giugno. Anche se, nel corso della discussione, l’idea dei parlamentari è di spingere per un rinvio più lungo, addirittura fino alla fine di settembre. Lo spostamento in avanti del termine indicato dal decreto Rilancio (Dl 34/2020) per avere uno sconto fiscale del 110% sui lavori effettuati su abitazioni unifamiliari e unità indipendenti dovrebbe diventare realtà a breve. Oggi, infatti, è in programma un ultimo vertice prima dell’avvio del voto di domani in commissione Finanze alla Camera della legge di conversione del decreto cessioni (relatore: Andrea de Bertoldi, FdI). L’obiettivo è chiudere nel giro di un paio di giorni, per poi essere pronti ad andare in Aula la prossima settimana. Lo schema della modifica sulle villette prevede, al momento, un cambio del termine entro il quale andranno completati i lavori per i quali al 30 settembre scorso era stato raggiunto un avanzamento pari almeno al 30 per cento. Questo, però, pone alcune questioni. La norma, infatti, entrerà in vigore per la metà di aprile (data di scadenza dei termini per la conversione), dopo la scadenza naturale del termine di fine marzo. Servirà, quindi, anche in questo caso (come per le opzioni di cessione e sconto) un comunicato per tranquillizzare il mercato.

Chi ha un cantiere aperto, infatti, questa settimana dovrà avere certezze per riprogrammare pagamenti e lavori che, stando alle regole attuali, al momento dovrebbe chiudere entro la prossima settimana.A rendere ancora più scivolosa la materia, poi, c’è la questione dell’allineamento tra avanzamento dei lavori e dei pagamenti. In caso di pagamento delle spese da parte del committente non ci sono dubbi: entro fine mese vanno effettuati i bonifici e anche successivamente è possibile completare il cantiere. In caso di cessione del credito e sconto in fattura, invece, la materia è più complessa. Un’interpretazione più prudente, basata sulle regole in materia di Sal, dice che entro fine mese in questi casi bisogna completare i pagamenti ma anche i lavori: è la linea che finora è stato meglio seguire. Un’interpretazione meno prudente, invece, afferma che entro fine mese devono arrivare, anche in questo caso, solo pagamenti e fatture scontate. I lavori potranno essere completati più avanti. Insieme alla proroga, allora, per proiettarci verso i prossimi tre mesi, servirebbe un chiarimento anche su questo punto.Quella in materia di unifamiliari, comunque, non è l’unica modifica che appare consolidata. È, ormai, pronta anche la correzione che proteggerà quei lavori, come l’installazione di una caldaia o il cambio degli infissi, per i quali il decreto 11/2023 chiede l’avvio delle opere prima del 16 febbraio per poter mantenere la cessione e lo sconto. Si passerà da due strade per blindare le cessioni. La prima è costituita dal versamento di un acconto mediante un bonifico parlante prima del termine. In assenza di un bonifico, la seconda strada passa dalla presenza di due autocertificazioni, relative all’esistenza di un contratto, una del venditore e una dell’acquirente.

Una correzione dovrebbe rimediare al caso delle pronunce di diversi Tribunali che hanno bloccato la possibilità di compensazione orizzontale tra crediti tributari e debiti previdenziali. Andando in direzione di quello che ha detto l’agenzia delle Entrate (che invece ha aperto alla compensabilità), la Camera dovrebbe rimuovere ogni tipo di ostacolo.Altro capitolo consolidato riguarda le salvaguardie. In alcuni casi, cioè, le cessioni resteranno: questa protezione dovrebbe arrivare per gli interventi agevolati con il sismabonus, ma solo se effettuati nell’area del cratere sismico. Un’ulteriore finestra dovrebbe aprirsi per categorie particolari come gli Iacp e le Onlus.C’è, poi, il tema dei bonus acquisti e dei preliminari di vendita. Se, infatti, il decreto cessioni ha fatto riferimento alla registrazione del preliminare, lasciando senza cessioni i soggetti che avevano solo firmato i contratti, la Camera dovrebbe cambiare: l’obiettivo è agganciare l’applicazione del vecchio regime alla data di presentazione del titolo abilitativo per l’avvio dell’opera.Nel pacchetto, infine, entreranno diverse correzioni interpretative, sollecitate nei giorni scorsi dal Consiglio nazionale dei commercialisti. Si parlerà di antiriciclaggio, limitando i documenti che proprio i commercialisti devono produrre. Ma anche di remissione in bonis per il sismabonus, di chiarimenti sulle Soa e di precisazioni su asseverazioni e visti.

(Fonte: ilsole24ore.com)

 

 

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Bonus edilizi e Soa: accolte le richieste Ance sull’obbligo di qualificazione per le imprese impegnate nei cantieri

Con il documento n. 1 del 20 marzo 2023, la Commissione di monitoraggio del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, alla quale partecipa anche ANCE insieme a Agenzia delle Entrate, Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Ministero dell’Ambiente, Ministero dell’Economia e Finanze, CNI e CNAPP ha fornito alcuni chiarimenti interpretativi sull’articolo 10-bis del decreto-legge n. 21/2022 che ha introdotto l’obbligo  di qualificazione SOA per le imprese che eseguono lavori sopra un certo importo (516.000,00 euro), come condizione per l’accesso ai bonus edilizi.

I chiarimenti pervenuti rispondono ad una richiesta fatta dall’ANCE in sede della Commissione e vanno nella direzione proposta dell’Associazione di fare chiarezza su alcune criticità riscontrate nell’applicazione della norma assicurando così ora l’adozione di prassi uniformi da parte dei soggetti a vario titolo interessati (in particolare committenti e loro figure professionali di riferimento, imprese, Organismi di attestazione SOA,  piattaforme per la gestione dei crediti fiscali, Agenzia delle Entrate).

Il documento della Commissione risolve in via interpretativa proprio le questioni di maggiore importanza legate al possesso della attestazione SOA da parte delle imprese impegnate nei cantieri dei bonus edilizi e ciò per quanto riguarda:

  • categorie e classifiche occorrenti;
  • termini di decorrenza degli obblighi.

In merito agli aspetti della decorrenza il chiarimento della Commissione specifica con maggior dettaglio quanto già in parte chiarito dalla FAQ dell’Agenzia delle Entriate del 17 febbraio scorso (vedi news ANCE).

Di seguito le risposte fornite dalla Commissione:

Quando è obbligatoria l’attestazione SOA?

L’obbligo riguarda le imprese che sottoscrivono contratti di appalto o subappalto il cui importo sia superiore a 516 mila euro aventi ad oggetto l’esecuzione degli interventi ricompresi tra quelli ammessi ad usufruire delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119 (Superbonus) e 121 comma 2 (altri bonus edilizi).

Il possesso di quale categorie e classifiche è necessario dimostrare?

Non è richiesta un’esatta corrispondenza tra categorie SOA e lavori da eseguire, ma è sufficiente accertare l’effettivo possesso, da parte dell’impresa, di una professionalità qualificata, intesa come coerenza tecnica fra la natura dei lavori da eseguire e quelli dimostrati per l’ottenimento dell’attestato di qualificazione E’ di conseguenza ritenuta idonea l’impresa esecutrice che risulti in possesso anche di una sola delle seguenti categorie considerate idonee e coerenti con i lavori oggetto dei bonus edilizi, nel senso richiesto dalla norma:

  • OG1 (Edifici civili e industriali)
  • OG2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela)
  • OG11 (impianti tecnologici)
  • OS6 (Finiture di opere generali in materiali lignei, plastici, metallici e vetrosi)
  • OS21 (Opere strutturali speciali)
  • OS28 (impianti termici e di condizionamento)

Inoltre, non è necessario l’esatto possesso di un attestato nella classifica di importo corrispondente al valore dell’appalto ma è ritenuto adeguato anche il solo possesso della prima classifica.

Da quando decorre l’obbligo della SOA quale condizione per l’accesso ai benefici fiscali?

Ai fini dell’applicazione temporale della norma si devono distinguere:

  1. il periodo transitorio dal 1° gennaio al 30 giugno 2023;
  2. l’obbligo definitivo dal 1° luglio 2023.

A decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 30 giugno 2023, l’esecuzione dei lavori di importo superiore a 516.000 euro, per i quali il contribuente intende beneficiare delle agevolazioni fiscali quali superbonus, ecobonus, bonus ristrutturazione, ecc, deve essere affidata alternativamente:

  • ad imprese appaltatrici/subappaltatrici in possesso della attestazione SOA;
  • ad imprese appaltatrici/subappaltatrici che dimostrino l’avvenuta sottoscrizione di un contratto finalizzato al rilascio dell’attestazione SOA.

A decorrere dal 1° luglio 2023, i lavori per i quali ricorre l’obbligo di qualificazione, potranno essere eseguiti solo da imprese in possesso della occorrente attestazione SOA pena il mancato riconoscimento delle detrazioni fiscali relative alle spese sostenute successivamente a tale data (art. 10-bis comma 3).

Tali obblighi di qualificazione riguardano, secondo le i termini sopra riportati, anche i contratti di appalto/subappalto (di importo superiore a 516 mila euro) sottoscritti dal 21 maggio 2022 al 31 dicembre 2022 ed i cui lavori siano proseguiti anche nel 2023.

A quali contratti di appalto/subappalto non si applica l’obbligo di attestazione SOA?

Sono esclusi dall’obbligo di attestazione SOA le imprese che hanno sottoscritto:

  • contratti di appalto relativi ad interventi già avviati e in corso di esecuzione alla data del 21 maggio 2022;
  • contratti di appalto i cui lavori non siano ancora stati avviati al momento dell’entrata in vigore della norma, ma la cui sottoscrizione risulti essere stata effettuata, comunque, in data anteriore al 21 maggio 2022. Per dimostrare la data certa della sottoscrizione è possibile fare riferimento allo scambio dei documenti contrattuali, tramite mail o PEC, al verbale di assemblea di condomino o, più in generale, ad altre modalità similari che risultino tracciabili.

Nei suddetti casi, quindi, le imprese affidatarie o subappaltatrici continuano ad operare senza dover possedere la certificazione SOA e ciò anche se l’importo dei valori è superiore alla soglia dei 516.000 euro e anche se i lavori sono proseguiti oltre il 1° gennaio 2023.

In Allegato: nota Commissione 1/2023

 

(Fonte: ance.it)

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Bonus edilizi, Ance: c’è spazio per una liquidazione immediata dei crediti bloccati. Per il futuro soluzioni strutturali

Si è svolta il 7 marzo l’audizione dell’ANCE in videoconferenza presso la Commissione Finanze del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti d’imposta.

La Vicepresidente Economico-fiscale-tributaria, Vanessa Pesenti, ha evidenziato, in apertura, che un efficace sistema di incentivi fiscali rappresenta un elemento indispensabile di una politica industriale per il settore delle costruzioni che permetta di rinnovare le città italiane, di offrire la possibilità alle famiglie di vivere in case adeguate alle proprie esigenze e, più in generale, di dare un contributo determinante alla crescita e all’occupazione del nostro Paese.

Ha quindi rilevato che rispetto alla decisione di avviare a metà dicembre un’indagine conoscitiva i tempi sono profondamente cambiati e l’intervento di oggi non può non essere focalizzato sui bonus edilizi e in particolare sulla drammatica situazione di blocco della cessione dei crediti, che sta creando serissime difficoltà ad imprese e famiglie.

Prima di farlo, occorre trarre alcuni insegnamenti utili dall’esperienza degli ultimi 3 anni sui bonus edilizi; un’esperienza nata durante l’emergenza del COVID e difficilmente ripetibile, in particolare nel livello di incentivazione raggiunto col 110%, di cui vanno però analizzati, oggettivamente, anche i lati positivi:

  • I bonus edilizi sono un potente strumento per stimolare il PIL e creare occupazione. I bonus fiscali hanno infatti trainato gli investimenti in edilizia nel biennio 2021-2022: un terzo dell’aumento del Pil è stato attribuibile alle costruzioni; il successo dei bonus ha prodotto una parte rilevante delle entrate record per il bilancio dello Stato nel 2022 (+45 miliardi tra gennaio e novembre) con le quali è stato possibile aiutare le famiglie nella «crisi del gas» (70 miliardi per contenere la spesa energetica e 12,5 del «bonus 200€»); gli effetti positivi sono visibili anche in termini di occupazione con +250 mila posti di lavoro nelle costruzioni in due anni di cui 170 mila grazie ai bonus fiscali.
  • Servono incentivi efficaci per raggiungere gli obiettivi di riqualificazione energetica degli edifici: la direttiva europea sulle case green impone un ritmo di riqualificazione di circa 180.000 edifici all’anno  vale a dire un ritmo simile a quello raggiunto negli ultimi due anni con Superbonus e cessione del credito. Con il sistema di incentivi in vigore fino al 2019, il ritmo di riqualificazione era inferiore ai 3.000 edifici all’anno.
  • La cessione del credito è uno strumento indispensabile per assicurare che tutte le famiglie possano riqualificare la propria abitazione. Contrariamente a quanto affermato da alcuni osservatori, infatti, il Superbonus è il bonus edilizio che ha beneficiato di meno ai “ricchi” ed è stato invece quello al quale hanno potuto accedere maggiormente le famiglie meno abbienti, come evidenziato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB). Inoltre, sempre secondo l’UPB, si è intervenuto soprattutto sulle prime case e non sulle seconde case, come alcuni osservatori avevano ipotizzato. Lo strumento della cessione del credito ed una percentuale elevata di agevolazione vanno quindi mantenute per le famiglie meno abbienti;
  • E’ necessario trovare un equilibrio tra politiche di riqualificazione energetica e sostenibilità della finanza pubblica, anche alla luce del recente parere di Eurostat;
  • La qualificazione degli operatori che intervengono su cantieri che beneficiano di incentivi statali è un elemento imprescindibile.

Il Covid_19 e tutto quello che ne è conseguito ha segnato un momento essenziale nell’utilizzo dei crediti di imposta, che sono diventati veri e propri strumenti di incentivazione utilizzati in più ambiti.

Hanno favorito gli investimenti delle imprese e delle famiglie, hanno avuto il pregio di costituire anche vere e proprie forme di ristoro in conseguenza di calamità, non solo nella pandemia, ma anche in tutti quegli eventi economici eccezionali che si sono susseguiti negli ultimi tempi, pensiamo ad esempio al fenomeno del “caro energia”.

Il maggior vantaggio del credito di imposta rispetto alle deduzioni o alle detrazioni dalle imposte sul reddito è la ampia possibilità di utilizzo.

Infatti il credito di imposta consente, in modo trasversale, di coprire il versamento di diverse imposte e contributi, potendo, mediante la compensazione, ridurre tutte le posizioni debitorie in ambito fiscale e contributivo facenti capo al beneficiario.

Però, per essere uno strumento di incentivazione efficace e per massimizzarne gli effetti positivi, i crediti d’imposta devono possedere alcuni fondamentali requisiti:

  • – una circolazione diffusa;
  • – un utilizzo pieno;
  • – una stabilità nelle regole;
  • – il superamento delle limitazioni alla loro compensazione, nel senso che la compensazione deve essere possibile anche in presenza di cartelle esattoriali notificate e non deve essere soggetta ad alcun limite di importo massimo annuale.

Queste sono caratteristiche essenziali, lo abbiamo visto con l’esperienza dei bonus edilizi in generale e con il cd. Superbonus al 110% in particolare, il cui utilizzo come credito d’imposta è passato da un’iniziale exploit, in termini di efficacia e numero degli interventi realizzati, ad un vero e proprio blocco dovuto ai vincoli stringenti apposti alla circolazione e al continuo susseguirsi di mutamenti normativi, sino ad arrivare al totale divieto del trasferimento dei crediti d’imposta, prodotto dal recente DL 11/2023, che impone l’utilizzo dei bonus solo sotto forma di detrazione in dichiarazione dei redditi.

Tra l’altro il settore, endemicamente in credito IVA, è abituato da sempre alla gestione dei crediti d’imposta, con tutte le problematiche che ne derivano, dal loro utilizzo, alle interminabili attese per il loro rimborso.

Il prossimo 30 giugno scade il regime transitorio dello “split payment” che, dal 2015, ha acuito il grave problema dei rimborsi IVA che incidono sui flussi di cassa delle nostre imprese. In merito non ci sono gli estremi per un’ulteriore proroga, vista l’applicazione generale della fatturazione elettronica.

In merito all’esperienza dei bonus edilizi, Sia il Superbonus che gli altri bonus per l’edilizia (Bonus ristrutturazioni, Ecobonus e Sismabonus “ordinari”) sono gli strumenti principali per il conseguimento della transizione ecologica e per lo sviluppo sostenibile del territorio.

La Fiscalità ambientale, in particolare, non può prescindere dalla tutela di un interesse pubblico, molto più ampio e generale che investe l’intera collettività: quello connesso ai temi fondamentali della salubrità, vivibilità, messa in sicurezza delle nostre case e dei luoghi di lavoro e dello sviluppo delle nostre città, per stare al passo con i mutamenti sociali e con l’evoluzione delle esigenze abitative.

Proprio perché strettamente legati ad un interesse pubblico collettivo, i bonus edilizi rappresentano uno strumento di politica fiscale indispensabile al raggiungimento degli obiettivi suddetti.

Per questo, devono costituire un elemento centrale della prossima riforma fiscale, senza essere invece costantemente “minacciati” dalla più volte annunciata politica di tax expenditures che li considera esclusivamente in termini di “costo”.

La tutela dell’interesse pubblico deve prevalere, o per lo meno non può ridursi esclusivamente in una mera valutazione ragionieristica. Infatti, per favorire un reale ammodernamento del patrimonio in chiave energetica ed antisismica, occorre che questi incentivi siano stabilizzati, così da premiare a regime chi investe nell’efficientamento e nella messa in sicurezza del proprio immobile.

Queste considerazioni suonano ancora più urgenti, dati gli obiettivi che l’Europa si sta prefissando con la “Direttiva case green”.

All’esame delle istituzioni comunitarie, infatti, la proposta di direttiva in discussione prevede che gli edifici esistenti dovranno diventare a emissioni zero entro il 2050, con step intermedi per gli immobili residenziali da raggiungere entro il 2033. Viceversa, gli edifici nuovi dovranno essere a emissioni zero entro il 2030.

Un tema scottante per l’Italia, dove su 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni risultano particolarmente energivori e non sono in grado di garantire le performance energetiche richieste in futuro dalla “Direttiva case green”.

Per questo serve un vero e proprio “Piano Marshall per l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio” di lungo periodo e con regole stabili nel tempo, a differenza di quanto accaduto con il Superbonus che, da incentivo di massima propulsione, si è tramutato in un boomerang per cittadini ed imprese, che avevano fatto affidamento su una legge dello Stato e che sono stati travolti dal continuo cambiamento delle norme e dal blocco del mercato dei crediti d’imposta da questo derivanti.

Oggi, siamo tutti consapevoli che il tema dei bonus edilizi è all’attenzione del Governo, per via della necessità di verificare l’impatto macroeconomico di tali strumenti e la loro corretta contabilizzazione.

A questo punto le questioni imprescindibili sono due:

  • ­ risolvere, oggi, il dramma legato ai cd. crediti “incagliati” che colpisce famiglie e imprese. Contribuenti che, per altro, hanno agito sino ad oggi in totale buona fede confidando sulla certezza del diritto, che dovrebbe caratterizzare, in linea di principio, ogni intervento normativo;
  • ­ adottare un’ottica lungimirante, che guardi alla transizione ecologica e alle caratteristiche del nostro patrimonio immobiliare e che sappia inserire gli incentivi edilizi in un progetto politico ambizioso, consapevole e di lungo termine.

Nei giorni scorsi, infatti, l’ISTAT ha rivisto le stime sugli effetti dei bonus sui conti delle Amministrazioni pubbliche per il triennio 2019-2021, alla luce delle indicazioni di Eurostat sul trattamento contabile dei crediti d’imposta che hanno determinato una diversa qualificazione degli stessi rispetto al 2019, con il passaggio da “non pagabili” a “pagabili”.

Questo non muta l’impatto complessivo degli incentivi sul deficit, ma ne comporta una differenza in termini di incidenza temporale.

Oramai abbiamo capito tutti che quando la misura è classificata “pagabile”, l’impatto sull’indebitamento si concentra esclusivamente e totalmente nel primo anno (quello di sostenimento della spesa agevolata).

Cosicché la riclassificazione dei bonus, da “non pagabili” a “pagabili”, ha determinato un peggioramento del deficit imputabile agli anni scorsi, dal 2020 al 2022, ma ha migliorato il deficit degli anni futuri.

In definitiva, i dati ISTAT hanno chiarito, una volta per tutte, che i crediti derivanti dai bonus edilizi sono già stati contabilizzati nel bilancio dello Stato e quindi, come sostenuto dall’Ance, c’è spazio per una liquidazione immediata dei crediti incagliati in capo a famiglie e imprese.

Al di là della qualificazione contabile, è indubbio che i bonus edilizi rappresentino uno straordinario volano per la tenuta (in periodo pandemico) e per la ripresa dell’economia domestica, con indiscutibili ed evidentissimi effetti sull’incremento del PIL, dell’occupazione e del gettito fiscale.

Basta considerare che:

  • il Pil, dopo il boom del 2021 (+7%), si conferma anche nel 2022 migliore delle attese. Gli ultimi dati Istat indicano, infatti, un ulteriore aumento del +3,7% per il 2022, collocando la crescita italiana addirittura al di sopra a quanto previsto per la Cina (+3%);
  • sull’eccezionale crescita italiana, sono stati determinanti i bonus fiscali che hanno trainato gli investimenti in edilizia: l’ANCE stima che in ciascuno degli ultimi due anni circa un terzo dell’aumento del Pil è attribuibile alle costruzioni;
  • il successo dei bonus ha prodotto una parte rilevante delle entrate record per il bilancio dello Stato nel 2022 (+45 miliardi tra gennaio e novembre) con le quali è stato possibile aiutare le famiglie nella «crisi del gas» (70 miliardi per contenere la spesa energetica e 12,5 del «bonus 200€»);
  • gli effetti positivi sono visibili anche in termini di occupazione. Negli ultimi due anni sono stati creati circa 250mila posti di lavoro nelle costruzioni di cui 170mila grazie ai bonus fiscali.

In questo contesto l’incidenza dei bonus edilizi è stata decisiva, come dimostrano i principali studi che si sono occupati di stimare gli effetti macroeconomici e di retroazione fiscale indotti dal Superbonus 110% e tra questi i più autorevoli elaborati, oltre che da noi come ANCE, anche dal Consiglio Nazionale Ingegneri, CENSIS, Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Nomisma.

Seppur con diversi approcci metodologici, le evidenze delle ricerche non lasciano dubbi circa gli effetti positivi che i bonus edilizi, e in particolare il Superbonus 110%, hanno generato sia per il sostegno all’economia sia per il gettito fiscale di ritorno.

Ben il 47% dell’investimento torna sotto forma di vantaggi sulle entrate erariali, senza tener conto degli effetti indotti.

Come evidenziato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, l’obiettivo posto dal PNRR di realizzare entro il 2025 la ristrutturazione di almeno 100.000 edifici è stato raggiunto, grazie al Superbonus, con due anni di anticipo.

Ulteriore elemento da non trascurare, e che ha una valenza sociale, è che il successo del Superbonus, così come l’incremento nell’utilizzo degli altri bonus edilizi, è stato decretato dai meccanismi di fruizione alternativi alla detrazione diretta, ossia dalla possibilità di cedere a terzi il bonus sotto forma di credito d’imposta o dalla scelta di ottenere uno sconto dal corrispettivo dei lavori di ammontare pari al bonus teoricamente spettante.

Come ANCE, non condividiamo quindi la posizione di chi sostiene che si tratta di un incentivo ad esclusivo favore dei ceti sociali più abbienti.

Lo stesso Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) ha confermato, nei giorni scorsi, l’efficacia del beneficio anche in termini di “sostenibilità sociale” dato che anche i cd. no tax area, pur non potendo fruire della detrazione, hanno potuto utilizzare lo sconto in fattura, in presenza di lavori agevolati al 110%.

L’UPB ha quindi sfatato il mito del “Superbonus solo per i ricchi”, evidenziando che è invece il bonus edilizio di cui hanno beneficiato maggiormente le famiglie meno abbienti.

Così come è stato sfatato il mito dell’“intervento sulle seconde case”. Oltre l’80% degli edifici che hanno usufruito del Superbonus sono, infatti, prime case, dove le famiglie vivono abitualmente.

L’ANCE è stata tra i primi a denunciare il pericolo di un uso distorto dei benefici e della concorrenza sleale di imprese nate appositamente per sfruttare lo strumento del Superbonus.

Da novembre 2021 ad oggi, la Guardia di Finanza ha sottoposto a sequestro preventivo crediti d’imposta inesistenti per un valore di oltre 3,7 miliardi di euro (soprattutto in tema di bonus facciate, caratterizzato da una percentuale di agevolazione molto elevata senza limiti di spesa, a fronte dell’assenza di sistemi di controllo, così come invece era già previsto per il Superbonus). La verifica preventiva sulle comunicazioni effettuata dall’Agenzia delle Entrate ha, poi, bloccato crediti per 1 miliardo di euro ulteriore.

L’ANCE ha manifestato, sin da subito, l’esigenza di affidare stabilmente il mercato a operatori strutturati, specializzati e affidabili. Ciò, garantendo:

  • la qualificazione degli operatori, attraverso la richiesta di qualificazione SOA alle imprese che intervengono su lavori “consistenti”, per evitare il fenomeno dell’aumento “anagrafico” delle imprese edili che si è manifestato in maniera abnorme con l’introduzione del Superbonus. Basti pensare che nel secondo trimestre del 2022 sono state aperte 125.392 nuove Partite IVA.
  • l’applicazione del CCNL in edilizia, per garantire la tutela della salute e della sicurezza del lavoro nei cantieri.

Tutto questo ha portato a modificare ripetutamente la disciplina originaria della cessione dei crediti di imposta in materia edilizia, tant’è che, in 15 mesi (da novembre 2021 con la prima normativa antifrode per i bonus minori sino a febbraio 2023 con l’ultimo DL 11-2023), si contano ben 18 provvedimenti (tra decreti legge e leggi di conversione) per circa 22 modifiche normative, quasi 1 ogni 45 giorni, alcune anche con effetti retroattivi.

Con l’ultimo intervento ad opera del DL 11/2023, si è arrivati, quindi, al blocco totale della cessione dei crediti e dello sconto in fattura per il futuro ed al divieto di acquisto dei crediti da parte degli Enti pubblici che si erano dimostrati disponibili ad acquistare i crediti incagliati, con una disciplina transitoria del tutto insufficiente.

Il quadro normativo generale desta quindi forte preoccupazione. Riteniamo che la situazione rischi di essere esplosiva.

Anche in questa sede non possiamo non ribadire che il decreto legge 11 non affronta, invece, in alcun modo il problema dei crediti incagliati legati ai bonus edilizi. Anzi, ne acuisce gli effetti negativi, ponendo ulteriori e più stringenti limitazioni alla circolazione dei crediti stessi, fino al loro conclusivo e definitivo blocco.

Le imprese di costruzione che non sono riuscite a monetizzare il credito, si trovano in grande difficoltà.

Da un lato ci sono quelle che hanno concluso i lavori facendo ricorso alle proprie disponibilità finanziarie e che adesso si trovano esposte con le controparti coinvolte (fornitori, lavoratori, professionisti, banche) a rischio di fallimento.

Dall’altro, ci sono quelle che, invece, non avendo più liquidità, hanno dovuto interrompere i lavori. Queste ultime, laddove non riuscissero a terminare gli interventi entro le scadenze di legge, si troveranno esposte non solo con tutte le controparti, ma anche nei confronti dei propri committenti (famiglia o condominio), con un elevato rischio di contenzioso, dal momento che si troveranno a dover restituire all’Erario ingenti somme di denaro.

Si stima che 1 miliardo di crediti incagliati produce il blocco di circa 6.000 interventi (tra unifamiliari e condomini), con rischio di fallimento di almeno 1.700 imprese di costruzioni e la perdita di circa 9.000 occupati. Pertanto, considerando uno stock di crediti fiscali incagliati in capo alle imprese di 19 miliardi di euro (audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ruffini), gli effetti macroeconomici potrebbero essere estremamente preoccupanti: 32.000 imprese fallite e 170.000 disoccupati in più nel settore delle costruzioni (che raddoppiano se si considera l’indotto).

Una simile situazione provocherebbe problemi su circa 115.000 cantieri, che si tradurrebbero in altrettanti nuclei familiari in crisi.

bonus, da volano di crescita per il settore delle costruzioni e per l’intera economia, rischiano di innescare una reazione a catena che potrebbe velocemente provocare una vera e propria crisi sociale di proporzioni rilevanti.

Appare quindi indispensabile introdurre soluzioni certe e di immediata attuazione per lo sblocco totale dei crediti pregressi.

Serve una decisione veloce da parte di Governo e Parlamento per approvare misure risolutive, con la stessa determinazione che ha portato a varare un decreto che, per tempi di approvazione ed entrata in vigore, ha battuto anche il leggendario decreto sul prelievo sui conti correnti del ’92.

Questo improvviso cambio di regime andrebbe accompagnato da un periodo transitorio che consenta a cittadini, imprese e a tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni in corso di portare a termine tali interventi, tutelando in tal modo il legittimo affidamento fondato sulla previgente normativa (es. interventi di demolizione e ricostruzione, lavori commessi dagli IACP o in corso nelle zone terremotate).

Per riuscirci, la soluzione principale e più efficace è utilizzare gli F24 a compensazione dei crediti maturati, come ANCE e ABI hanno proposto da tempo, una misura resa ora possibile anche dalle recenti indicazioni di Eurostat.

La proposta dell’ANCE prevede di riconoscere, in via straordinaria e temporanea, la possibilità per le banche e Poste SpA di compensare le somme relative agli F24 della clientela con i crediti di imposta originatisi a seguito del sostenimento, nelle annualità 2021 e 2022, delle spese per gli interventi agevolati con i bonus edilizi, che imprese e contribuenti non sono riusciti ancora a cedere. A tutela dei contratti in corso, lo stesso meccanismo di compensazione dovrebbe essere previsto anche per i crediti d’imposta relativi ad interventi già avviati alla data del 17 febbraio 2023.

Si tratta di una misura di carattere straordinario, limitata nel tempo e nella quantità, volta ad evitare la crisi di numerose imprese che hanno praticato lo “sconto in fattura” e dei condomìni/persone fisiche che, per effettuare i lavori, hanno fatto ricorso a ingenti finanziamenti, confidando nella possibilità di poter monetizzare il credito mediante il meccanismo della cessione.

Questa soluzione non ha impatti sul gettito, in quanto comporta solo una differente modalità di utilizzo in compensazione dei crediti di imposta.

In una situazione di mercato così complessa e ingessata, almeno fino all’inserimento della misura degli F24 nella legge di conversione del decreto 11/2023, potrebbe essere utile, altresì, il coinvolgimento immediato delle istituzioni e aziende statali (CDP, RFI, ENEL, ENI, SNAM, Fincantieri, ecc.) sul mercato dei crediti fiscali come soggetti acquirenti.

Queste aziende possono rivestire un ruolo importante nel processo di alleggerimento dei plafond fiscali degli istituti bancari. L’attività di acquisto di questi crediti ha un rischio contenuto perché tutti i bonus fiscali hanno superato gli accurati controlli previsti dalla due diligence delle piattaforme specializzate incaricate dalle banche.

La prossima riforma dei bonus fiscali per la riqualificazione energetica e sismica dovrà favorire politiche e progetti di rigenerazione urbana di lungo periodo e dunque puntare ad un’agevolazione di carattere strutturale.

Inoltre, sarà necessario confermare il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura, in quanto come abbiamo visto sono strumenti essenziali per far realizzare gli interventi, quantomeno per i soggetti a più bassa capacità reddituale.

Ancora, sempre nell’ottica della sostenibilità sociale, uscendo dalla logica dell’agevolazione potenziata, dovrebbe essere comunque garantita una sorta di finanziamento pubblico che copra l’intero costo dell’intervento a carico dei soggetti a basso reddito (cd. incapienti), e dovrebbe essere posto un tetto al costo della cessione che incide pesantemente sulla redditività degli operatori che realizzano gli interventi.

Pertanto, sul futuro della politica di riqualificazione degli edifici, dopo la risoluzione del blocco dei crediti pregressi, è necessario aprire al più presto un confronto per definire gli strumenti fiscali e finanziari idonei a privilegiare gli interventi di ristrutturazione integrale, con obiettivi di risultato particolarmente ambiziosi, soprattutto considerati i target ambientali di riduzione delle emissioni di CO2 fissati in Europa e che l’Italia ha condiviso.

Per il dettaglio della posizione ANCE si vedano i documenti in allegato consegnati agli atti della Commissione.

 

 

(Fonte: ance.it)

 

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Fermi 15 miliardi di bonus casa, a rischio 25mila imprese

Le stime dell’Ance rilanciano il pressing per un nuovo intervento sulle cessioni bloccate. Riparte il dialogo tra associazioni e Mef: si punta a ridurre l’impatto dei sequestri in caso di frodi

Un miliardo di crediti incagliati produce il blocco di circa 6mila cantieri, tra unifamiliari e condomini, con il rischio di fallimento di almeno 1.700 imprese di costruzioni e la perdita di circa 9mila occupati. Così, seguendo questa drammatica aritmetica della crisi, ipotizzando (prudenzialmente) 15 miliardi di crediti fiscali attualmente bloccati, gli effetti macroeconomici potrebbero essere devastanti: 25mila imprese a rischio fallimento, 130mila disoccupati in più nel settore delle costruzioni (senza contare le aziende della filiera) e problemi per circa 90mila cantieri. Sono stime dell’Ance, l’associazione dei costruttori, che evidenziano come il bubbone delle cessioni dei crediti stia esplodendo. La catena di venditori e acquirenti, nonostante i correttivi messi in campo dalla legge di Bilancio 2023, non sta più girando. Così migliaia di interventi che contavano, per andare avanti, su questo meccanismo stanno finendo nelle sabbie mobili: banche e intermediari finanziari costretti a chiudere le porte a causa della capacità fiscale esaurita, committenti che non hanno più liquidità per pagare i lavori, imprese che non possono pagare i fornitori. In mezzo, famiglie in difficoltà e condomini nel caos.

Il consiglio generale dell’associazione dei costruttori ieri è stato pieno di racconti dal territorio di grave problematicità: molti cantieri si stanno fermando, con l’ovvia coda di contenziosi. Per rispondere a questa emergenza, il lavoro della politica non si è fermato alla legge di conversione del decreto Aiuti quater e alla legge di Bilancio 2023. Proprio in questi giorni, infatti, è ripreso il pressing di diverse associazioni (Abi, Ance, Consiglio nazionale dei commercialisti, Confedilizia) che, a più riprese, hanno incontrato rappresentanti del ministero dell’Economia per proporre delle soluzioni. I temi sul tavolo sono tre. Quello più complesso perché richiede una norma interpretativa, quindi con effetto retroattivo, riguarda gli effetti dei procedimenti in ambito penale. Una serie di pronunce della Cassazione ha fissato un principio penalizzante per chi compra crediti fiscali: l’acquirente anche se in buona fede subisce gli effetti dei sequestri cautelari. Di fatto, questo si traduce in un forte disincentivo perché il credito fiscale – una volta sequestrato – rischia di essere inutilizzabile per anni. Le proposte di modifica fatte arrivare sul tavolo del Mef puntano a eliminare gli effetti per chi acquista in buona fede (riuscendola poi a dimostrare). Difficile percorrere la strada ipotizzata con gli emendamenti presentati durante la conversione del decreto Aiuti quater che puntavano a “scollegare” il credito d’imposta rispetto alla detrazione.

L’intervento si sarebbe tradotto in una sanatoria generalizzata che aveva incontrato l’opposizione anche a livello tecnico. Le istanze arrivate da associazioni di categoria e professionisti sono ora di delimitare la responsabilità almeno per le cessioni in ambiente protetto.«Il tema della responsabilità penale è fondamentale per far ripartire il mercato. Ci stiamo impegnando facendo dialogare Governo e operatori per trovare una soluzione che possa entrare nel primo veicolo normativo disponibile» spiega al Sole 24 Ore, Andrea de Bertoldi, deputato di Fratelli d’Italia. Ma non c’è solo questo fronte. Un altro obiettivo è quello di replicare il “modello Treviso”, dove la Provincia con un’operazione pilota ha acquistato da due banche 14,5 milioni di crediti. Questo schema applicato su scala più larga potrebbe rappresentare una valvola di sfogo per i crediti attualmente fermi.A completare il quadro poi c’è la richiesta di un ritorno a un pieno coinvolgimento di tutti gli operatori che hanno avuto un ruolo significativo per far decollare la cessione dei crediti da bonus edilizi nella fase iniziale. In questo senso, l’istanza ricorrente mira a un ritorno sul mercato da parte di Poste. Sullo sfondo, infine, non è mai stata completamente archiviata l’idea di Abi e Ance di utilizzare gli F24 intermediati dagli istituti di credito per smaltire lo stock dei crediti incagliati. Un’idea deve fare i conti con la classificazione Eurostat e quindi con gli effetti in termini di aumento del debito pubblico.

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

 

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Bonus edilizi, per i crediti tracciabili va comunicata la scelta di compensare

Il 16 gennaio è scattato per molti il primo appuntamento utile per sfruttare con F24 i crediti relativi al 2022: la mappa degli adempimenti 

Percorso ad ostacoli per l’utilizzo in compensazione dei crediti tributari derivanti dalle operazioni di acquisto/sconto dei bonus edilizi. La recente tornata di versamenti, coincisa con la scadenza del 16 gennaio, ha portato alla ribalta la delicatezza dei passaggi procedurali che portano all’utilizzo in compensazione dei crediti fiscali. Il 16 gennaio, infatti, è stato per molti il primo appuntamento utile per l’utilizzo tramite modello F24 dei crediti maturati con riferimento al periodo d’imposta 2022.Riepiloghiamo, allora, i passaggi essenziali a consentire la regolare acquisizione del modello di versamento alla luce di quelle che sono le regole che governano il non semplice processo di gestione dei crediti fiscali, così come descritto nella Guida all’utilizzo della piattaforma diffusa dalle Entrate. Processo complicato dai tanti bonus in circolazione, dalle continue modifiche normative che individuano percorsi diversi a seconda del momento di formazione del credito, con conseguenti codici tributi sorti ad hoc per la gestione delle singole operazioni. In primo luogo si deve verificare l’esistenza del credito nel cassetto fiscale del contribuente, laddove (se tutto è corretto), oltre a essere presente il credito nella sua interezza, esso viene suddiviso anche per annualità di possibile utilizzo, così da non sbagliare la scelta.

Ad esempio, un credito da superbonus 110%, formatosi nel 2022, potrà essere utilizzo in quattro rate uguali negli anni 2023-2024-2025-2026.In questo senso, va specificato che il credito deve essere utilizzato nel periodo d’imposta di competenza, non essendo possibile (diversamente da altri crediti d’imposta) riportarne il residuo oltre il periodo di utilizzo previsto. Per cui la quota del 2023 non compensata entro il 31 dicembre andrà definitivamente persa.Prima di procedere all’utilizzo in compensazione, i fornitori e i cessionari devono, poi, verificare non solo di disporre già di tali crediti nei propri cassetti fiscali, ma anche se tali crediti sono sorti a fronte di comunicazioni di opzione presentate all’agenzia delle Entrate entro il 30 aprile 2022 oppure dal 1° maggio 2022. La Guida all’utilizzo della Piattaforma cessione crediti dell’agenzia delle Entrate afferma che, per i crediti sorti dal 1° maggio 2022, ai fini dell’utilizzo in compensazione dell’importo delle singole rate, il cessionario, dopo aver accettato i crediti, deve anche comunicare all’interno del cassetto suo fiscale la scelta (irrevocabile) per la fruizione in compensazione. Questo perché i crediti tracciabili (sorti dal 1° maggio in poi) non sono cedibili parzialmente e, dunque, per loro l’utilizzo in compensazione è alternativo alla cessione per l’importo dell’intera rata annuale in cui il credito viene suddiviso dalla piattaforma.

Dopo la comunicazione della scelta per la compensazione, allora, i crediti non saranno più cedibili a terzi. Poiché la scelta per la compensazione delle singole rate è irrevocabile (ossia, non si potrà più cedere a terzi il relativo importo), la Guida raccomanda la massima attenzione e la procedura fa comparire un apposito “warning” prima di confermare definitivamente la scelta.L’opzione per la compensazione può essere effettuata in qualsiasi momento, anche lo stesso giorno dell’utilizzo del credito (ma sempre prima dell’invio del modello F24), fermi restando i termini di utilizzo di ciascuna rata annuale (dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento della rata stessa). Nel caso in cui, invece, la comunicazione di opzione per lo sconto sul corrispettivo o per la cessione del credito fosse stata presentata all’agenzia delle Entrate entro il 30 aprile 2022, il fornitore/acquirente può procedere all’utilizzo in compensazione della rata annuale del credito fruibile nel 2023 (così come delle rate annuali fruibili negli anni successivi), senza dover ottemperare ad alcun tipo di indicazione preventiva sulla Piattaforma cessione crediti.

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

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Superbonus, la convocazione dell’assemblea non basta a salvare l’agevolazione

La risposta delle Entrate a Telefisco. Per blindare l’agevolazione nel 2023 bisogna guardare alla data della delibera e non alla convocazione, anche se arrivata via posta certificata

Per evitare la riduzione del superbonus dal 110% al 90% nel 2023 per i condomìni non rileva la data di convocazione dell’assemblea straordinaria condominiale, ma rileva solo la data della delibera assembleare di approvazione degli interventi riconducibili al superbonus che deve essere stata adottata entro il 18 novembre 2022 (e, in tal caso, la Cila andava presentata entro il 31 dicembre 2022) ovvero tra il 19 novembre e il 24 novembre 2022 (e, in tal caso, la Cila andava presentata entro il 25 novembre 2022). L’agenzia delle Entrate, quindi, nella risposta data a Telefisco 2023 di ieri, non ha dato alcuna rilevanza al fatto che la convocazione dell’assemblea straordinaria, nell’esempio della domanda, fosse avvenuta, addirittura via posta elettronica certificata, in data 9 novembre 2022 (cioè prima sia del 19 novembre che del 25 novembre), in quanto gli interventi sono stati deliberati dall’assemblea solo il 30 novembre 2022 (cioè sia dopo il 18 novembre che dopo il 24 novembre).

Grazie alla legge di Bilancio 2023 non si applica, per il 2023, la riduzione del superbonus del 110% al 90% per i condomìni, i proprietari unici di edifici con unità da due a quattro, le Onlus, le Odv, le Aps e le demolizioni e ricostruzioni, nei seguenti casi:
1) per i condomìni, se entro il 31 dicembre 2022 è stata presentata la Cilas e contemporaneamente entro il 18 novembre 2022 risulta adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori; questa data deve essere attestata, con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (rilasciata in base all’articolo 47 del Dpr 445/2000, con sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci), dell’amministratore del condominio ovvero del condomino che ha presieduto l’assemblea, nel caso dei condomìni minimi in cui non è stato nominato l’amministratore (cioè fino a otto condòmini, in base all’articolo 1129 del codice civile);
2) in alternativa, sempre per i condomìni, la Cilas poteva essere presentata entro il 25 novembre 2022 e contemporaneamente la delibera doveva risultare adottata dal 19 al 24 novembre 2022 (sempre attestata come sopra);
3) per i proprietari unici di edifici con unità da due a quattro e le Onlus, le Odv e le Aps (non condomìni), la Cilas doveva risultare già presentata alla data del 25 novembre 2022: in questo caso, non serve alcuna delibera del proprietario;
4) per la demolizione e la ricostruzione degli edifici, classificata tra le ristrutturazioni dal Testo unico dell’edilizia, l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo doveva essere presentata entro il 31 dicembre 2022. Questa possibilità riguarda solo i condomìni e i proprietari unici e non anche le unità unifamiliari o le case a schiera (risposta parlamentare n. 5-07599/2022). Spetta anche se alla fine dei lavori vi sarà l’accorpamento delle diverse unità dell’edificio, con l’accatastamento in un’unica unità unifamiliare (risposta 40/2022).

Se il condominio o il proprietario unico non sono riusciti a rispettare queste scadenze, comunque, per tutti i pagamenti che sono stati effettuati entro il 31 dicembre 2022 si può beneficiare della detrazione del superbonus nella misura del 110%, prima della riduzione al 90% prevista per il 2023.In ogni caso, per tutti questi soggetti, il superbonus scenderà al 70% per le spese sostenute nel 2024 e al 65% per quelle sostenute nel 2025.Considerando i tempi tecnici per la convocazione delle assemblee e per la loro effettuazione, molti condomini sono riusciti solo a convocarle entro il 18 novembre o il 24 novembre 2022, ma sono riusciti a deliberare gli interventi solo successivamente al 25 novembre, vanificando l’eventuale presentazione della Cilas entro i termini previsti (rispettivamente il 31 dicembre o il 25 novembre 2022). L’agenzia delle Entrate, ieri, ha confermato quanto detto nella norma, non considerando rilevante la data della convocazione dell’assemblea, ma dando rilevanza solo a quella della delibera degli interventi.

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

 

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Ok a sagoma e sedime diversi, ma la ristrutturazione deve sempre conservare traccia dell’edificio esistente

Lo stabilisce la Cassazione che precisa i limiti degli interventi di recupero (inclusi quelli con demolizione e ricostruzione) anche dopo le Semplificazioni del Dl 76/2020

Per essere qualificati come tali gli interventi di ristrutturazione devono sempre mantenere traccia dell’edificio esistente. Anche a fronte di operazioni di demolizione e ricostruzione degli edifici originari. È la precisazione che arriva dalla Cassazione, con la sentenza n. 1669/2023 pubblicata il 18 gennaio. Un chiarimento importante (e destinato a far discutere) rispetto alle novità normative susseguitesi negli ultimi anni su questo tema, sempre con l’obiettivo di allargare il perimetro degli interventi qualificabili come ristrutturazioni rispetto alle nuove costruzioni.

Al centro della questione un intervento realizzato sulla base di un permesso di costruire rilasciato per la trasformazione di una casa colonica, costituita da due unità immobiliari e altri cinque annessi agricoli di varia tipologia, in un complesso residenziale formato da dieci villini in linea e un parcheggio a raso coperto con pannelli fotovoltaici, nella zona di Loreto (Ancona).

Il caso arriva alla Cassazione a causa del ricorso promosso dal pubblico ministero contro la decisione del Tribunale di Ancona che aveva ribaltato l’ipotesi accusatoria, annullando il sequesto dell’area, basato sulla contestazione del reato di lottizzazione abusiva.

Per decidere la contesa, la Cassazione decide di concentrare l’attenzione sulla configurabilità o meno del dell’intervento come ristrutturazione edilizia, da ultimo ampliato dal decreto Semplificazioni (Dl n.76/2020) fino a ricomprendere «gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche». Dunque con realizzazioni in larga parte difformi rispetto all’originale, a parte le zone tutelate, successivamente escluse dall’ampliamento dei confini della ristrutturazione dal cosiddetto decreto Bollette (Dl 34/2022).

Il punto è che, per la Cassazione, anche di fronte all’ampliamento della definizione di ristrutturazione previsto dal decreto Semplificazioni del 2020 «permane comunque la ratio qualificante l’intervento edilizio, che postulando la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, è comunque finalizzata al recupero del medesimo, pur con le ammesse modifiche di esso». Traducendo dal giuridichese: la Cassazione segnala che quando si parla di ristrutturazione non si può radere al suolo l’edificio per creare qualcosa di completamente diverso. «In tal senso – si legge poco dopo nella sentenza – si è espressa anche di recente la giurisprudenza amministrativa, laddove ha evidenziato che la ristrutturazione edilizia, quale intervento sul preesistente, non può fare a meno di una certa continuità con l’edificato pregresso».

Di più. Precisando i limiti entro i quali deve muoversi la definizione di ristrutturazione la Cassazione segnala la «necessità che venga conservato l’immobile preesistente, del quale deve essere comunque garantito il recupero». «Allo stesso modo – si legge sempre nella sentenza – la ristrutturazione dei manufatti crollati o demoliti è possibile al solo fine del loro “ripristino”, termine quest’ultimo dal significato univoco nella parte in cui esclude la mera demolizione a vantaggio di un edificio diverso». Inoltre, «la ristrutturazione, per definizione, non può mai prescindere dalla finalità di recupero del singolo immobile che ne costituisce l’oggetto».

Conclusione? Per la Cassazione, «pur con le ampie concessioni legislative in termini di diversità tra la struttura originaria e quella frutto di “ristrutturazione» l’unico modo per distinguere l’intervento di ristrutturazione da quello di nuova costruzione» è che l’operazione di recupero non può prescindere «dal conservare traccia dell’immobile preesistente». Vale a dire che: «con riguardo alla ristrutturazione non vi è spazio per nessun intervento che lasci scomparire ogni traccia del preesistente».

Conclusione destinata forse a far rumore. E che ne caso specifico si traduce in un accoglimento del ricorso del pubblico ministero e in una bocciatura della sentenza del Tribunale di Ancona che aveva deciso il dissequestro dell’area.

Per la Cassazione infatti «seppure la recente novella del 2020 abbia contribuito a delineare la possibilità di interventi di ristrutturazione fortemente innovativi rispetto all’organismo preesistente, tanto che alcuni criteri prima utilizzati dalla legge e giurisprudenza, per sancire la corrispondenza tra i due organismi interessarti appaiono via via sfumati o scomparsi (quali, in sintesi, conriferimento in particolare a zone non vincolate, la fedele ricostruzione comprensiva di limitate innovazioni, oppure, poi, la medesima sagoma /volumetria o, ancora, l’identità del sedime), permane il requisito, insuperabile, per cui deve pur sempre trattarsi di interventi di recupero del medesimo immobile ancorché trasformato in organismo edilizio in tutto o in parte diverso». «Per cui – conclude la sentenza – , in tale quadro va esclusa la moltiplicazione, da un unico edificio, di plurime distinte strutture o, di converso, l’assorbimento di plurimi immobili in un unico complesso edilizio».

 

(Fonte: il sole24ore.com)

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Superbonus e cessione del credito: approvata la legge di conversione del Decreto Aiuti-quater

La Camera ha votato la fiducia posta dal Governo sul disegno di legge di conversione del D.L. n. 176/2022, oggi il voto finale sul provvedimento

Dopo il via libera della Camera dei Deputati (205 a favore, 141 contrari e 4 astenuti) alla fiducia posta dal Governo sul disegno di legge di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 18 novembre 2022, n. 176 (Decreto Aiuti-quater), è previsto per oggi il voto definitivo sull’approvazione del provvedimento a cui seguirà poi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Superbonus e cessione del credito: confermate le modifiche

Ma con il voto di fiducia al Governo possono ormai essere considerate definitive (anche se non ancora ufficiali) le modifiche che riguardano le detrazioni fiscali previste dal Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), il superbonus, il meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) e le possibilità di finanziamento per le imprese in crisi di liquidità.

Ma andiamo con ordine e chiariamo subito che per leggere il quadro complessivo delle novità è necessario affiancare le modifiche previste dall’art. 9 del Decreto Aiuti-quater a quelle già in vigore inserite all’interno dell’art. 1, comma 894 della Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) che, com’è ormai noto, ha riscritto il sistema delle eccezioni per utilizzare il superbonus con aliquota al 110% anche sulle spese sostenute nel 2023.

Dalla lettura combinata delle due disposizioni è possibile giungere ad un quadro normativo differenziato in base ai soggetti beneficiari della detrazione fiscale, ovvero quelli previsti all’art. 119, comma 9 del Decreto Rilancio alle lettere a), b) e d-bis) ovvero gli interventi realizzati:

  • dai condomini o assimilati tali per la presenza di parti comuni come previste all’art. 1117 del codice civile;
  • dalle persone fisiche proprietarie e comproprietarie con altre persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, di edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate;
  • dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su edifici unifamiliari o unità immobiliari con accesso autonomo e funzionalmente indipendenti;
  • dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale.

Rimodulazione dell’incentivo

La prima considerazione da fare riguarda la decisione di rimodulare l’incentivo fiscale dal 110% al 90% sulle spese sostenute nel 2023. Viene, infatti, modificato l’art. 119, comma 8-bis del Decreto Rilancio che nella sua versione definitiva diventerà il seguente che per comodità suddividiamo nei suoi singoli periodi:

  • periodo 1 – Per gli interventi effettuati dai condomini, dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera a), e dai soggetti di cui al comma 9, lettera d-bis), compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, compresi quelli effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, nella misura del 110 per cento per quelle sostenute entro il 31 dicembre 2022, del 90 per cento per quelle sostenute nell’anno 2023, del 70 per cento per quelle sostenute nell’anno 2024 e del 65 per cento per quelle sostenute nell’anno 2025.
  • periodo 2 – Per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 marzo 2023, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo, nel cui computo possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo.
  • periodo 3 – Per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023 su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione spetta nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento, determinato ai sensi del comma 8-bis.1, non superiore a 15.000 euro.
  • periodo 4 – Per gli interventi effettuati dai soggetti di cui al comma 9, lettera c), compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso edificio, e dalle cooperative di cui al comma 9, lettera d), per i quali alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell’intervento complessivo, la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023.

Relativamente all’utilizzo del superbonus 90% per gli interventi sulle unifamiliari e le unità immobiliari con accesso autonomo e funzionalità indipendente, viene aggiunto il seguente comma 8-bis.1:

Ai fini dell’applicazione del comma 8-bis, terzo periodo, il reddito di riferimento è calcolato dividendo la somma dei redditi complessivi posseduti, nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa, dal contribuente, dal coniuge del contribuente, dal soggetto legato da unione civile o convivente se presente nel suo nucleo familiare, e dai familiari, diversi dal coniuge o dal soggetto legato da unione civile, di cui all’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, presenti nel suo nucleo familiare, che nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa si sono trovati nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12, per un numero di parti determinato secondo la Tabella 1-bis, allegata al presente decreto.

La tabella 1-bis definisce le modalità di calcolo del quoziente familiare necessario per determinare il reddito di riferimento del contribuente che sostiene le spese. Ecco la tabella:

Numero di parti
Contribuente
1
Se nel nucleo familiare è presente un coniuge, il soggetto legato da unione civile o la persona convivente
si aggiunge 1
Se nel nucleo familiare sono presenti familiari, diversi dal coniuge di cui all’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dal soggetto legato da unione civile o dal convivente, che nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa si sono trovati nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12, in numero pari a:
un familiare
si aggiunge 0,5
due familiari
si aggiunge 1
tre o più familiari
si aggiunge 2

All’art. 119, comma 8-ter, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: “Fermo restando quanto previsto dal comma 10-bis, per gli interventi ivi contemplati la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025 nella misura del 110 per cento”.

Il sistema delle eccezioni

Come anticipato, il comma 2 dell’art. 9 sarà abrogato e per il sistema delle eccezioni alla rimodulazione dell’incentivo occorre far riferimento alla Legge di Bilancio 2023 che prevede la possibilità di utilizzare la maggiore aliquota del 110% per gli interventi realizzati:

  • dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, proprietarie o comproprietarie di edifici da 2 a 4 u.i. autonomamente accatastate, che abbiano presentato la CILAS entro il 25 dicembre 2022;
  • dai condomini o assimilati tali che:
    • entro il 18 novembre 2022 abbiano deliberato l’approvazione dell’esecuzione dei lavori ed entro il 31 dicembre 2022 abbiano presentato la CILAS;
    • tra il 19 e il 24 novembre 2022 abbiano deliberato l’approvazione dell’esecuzione dei lavori ed entro il 25 novembre 2022 abbiano presentato la CILAS;
  • per gli interventi di demolizione e ricostruzione con istanza per l’acquisizione del titolo presentata entro il 31 dicembre 2022.

La data di approvazione della delibera di esecuzione dei lavori dovrà essere attestata con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:

  • dall’amministratore del condominio;
  • nel caso in cui, ai sensi dell’articolo 1129 del codice civile, non vi sia l’obbligo di nominare l’amministratore e i condomini non vi abbiano provveduto, dal condomino che ha presieduto l’assemblea.

Contributo per i soggetti a basso reddito

L’art. 9, comma 3 prevede l’erogazione di un contributo (che non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi) in favore dei soggetti che si trovano nelle condizioni reddituali di cui all’articolo 119, commi 8-bis e 8-bis.1, del Decreto Rilancio, per gli interventi di cui al suddetto comma 8-bis, primo e terzo periodo. Per l’erogazione di questo contributo è autorizzata la spesa nell’anno 2023 di 20 milioni di euro. Il contributo sarà erogato dall’Agenzia delle entrate, secondo criteri e modalità determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Aiuti-quater.

Utilizzo della detrazione indiretta in 10 anni

L’art. 9, comma 4 del Decreto Aiuti-quater prevede una deroga alla disciplina del meccanismo delle opzioni alternative alla detrazione fiscale di cui all’art. 121 del Decreto Rilancio, stabilendo la possibilità che i crediti d’imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022 e non ancora utilizzati possano essere fruiti in 10 rate annuali di pari importo, in luogo dell’originaria rateazione prevista per i predetti crediti, previo invio di una comunicazione all’Agenzia delle entrate da parte del fornitore o del cessionario.

Via libera a 3 cessioni in favore delle banche

L’art. 9, commi 4-bis e 4-ter prevedono una modifica retroattiva al meccanismo di cessione del credito, stabilendo la possibilità di 3 cessioni in luogo delle attuali 2 effettuate a favore di banche e intermediari finanziari. In questo modo avremo:

  • una prima cessione libera;
  • tre cessioni a banche e intermediari finanziari;
  • un’ulteriore cessione dalle banche in favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa.

Garanzia SACE per i finanziamenti alle imprese in crisi di liquidità

L’art. 9, comma 4-quater stabilisce che la società SACE S.p.A. possa concedere le garanzie di cui all’articolo 15 del Decreto-Legge 17 maggio 2022, n. 50, alle condizioni, secondo le procedure e nei termini ivi previsti, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma, strumentali a sopperire alle esigenze di liquidità delle imprese rientranti nelle categorie contraddistinte dai codici ATECO 41 e 43, che hanno realizzato interventi di superbonus.

Cosa cambia per le unifamiliari

Relativamente alle unifamiliari, per gli interventi avviati dall’1 gennaio 2023 potranno accedere alla detrazione del 90% unicamente gli interventi per i quali:

  • il contribuente che sostiene le spese sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare;
  • l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale;
  • il contribuente che sostiene le spese abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, determinato utilizzando la procedura di cui all’art. 119, comma 8-bis.1 del Decreto Rilancio e il quoziente familiare di cui alla Tabella 1-bis, allegata al D.L. n. 34/2020 stesso.

In questo modo, per questi soggetti non vale più quanto previsto all’art. 119, comma 10 del Decreto Rilancio che relativamente agli interventi di cui ai commi da 1 a 3 (ecobonus) consentiva l’utilizzo del superbonus sul numero massimo di due unità immobiliari.

Gli stessi soggetti non potranno utilizzare il superbonus neanche per la demoricostruzione di unità collabenti visto che sulle stesse risulta impossibile che siano adibite ad abitazione principale.

 

(Fonte: lavoripubblici.it)